Un massacro a sovranità limitata.
Come il governo ha rinunciato a far valere la giurisdizione italiana sull'accaduto.

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3 febbraio 1998

di Matteo Moder

Poco dopo le 15 del 3 febbraio 1998, mentre il sole si faceva "radente" sulla Val di Fiemme, un aereo statunitense Ea-6B Prowler (predatore), guidato dal capitano Richard Asbhy, che aveva come navigatore il capitano Joseph Schweitzer e come "compagni di gita" altri due capitani dei gloriosi marines, tranciava di netto con la coda la fune portante e la fune traente della funivia che collega Cavalese all'Alpe del Cermis, facendola precipitare, con il suo carico umano, da un'altezza di oltre 100 metri. Un colpo sordo, un'impennata d'istinto e il Prowler rientrava alla base Usaf di Aviano dalla quale era partito per "un normale volo di addestramento a bassa quota" qualche ora prima.
Un po' di paura, ma niente di rotto per i quattro piloti. Alle 15 e 12 del 3 febbraio 1998 il sismografo del servizio geologico della provincia di Trento, di stanza propria Cavalese, aveva rilevato quella che sembrava una piccola attività sismica. Era, invece, lo schianto della funivia al suolo col suo carico di gitanti e di sciatori. Donne, uomini, bambini, austriaci, olandesi, polacchi, tedeschi. Più due donne di Bressanone e il manovratore della funivia, Marcello Vanzo. Dopo il dolore, lo sdegno, le prese di posizione che intasarono agenzie e televisioni, si alzò, alto, l' impegno del governo italiano: "faremo chiarezza su tutto, i colpevoli saranno puniti".
3 febbraio 1998, come l'associazione che ancora, nonostante tutto, vuole giustizia. Ma siamo nel 1999 e questi fatti narrati non appartengono da molto tempo al paese che li ha "subiti" in nome di strampalate e ipocrite interpretazioni degli accordi bilaterali che riguardano il paese in questione e gli Usa di Bill Clinton in materia di "servitù (nostre) militari". Secondo l'Ente italiano di assistenza al volo Enav, interpellato quel 3 febbraio del 1998, dall'Agenzia Ansa, il Prowler di Ashby il marine, viaggiava, per addestramento, "in una zona al di fuori di quelle controllate dall'Ente stesso". E, per l'Enav, sulle carte in possesso di Ashby e C. erano segnalati ostacoli superiori ai 61 metri, ma erano esclusi viadotti, funivie, teleferiche, ponti sospesi, etc, perché i voli militari si svolgono, infatti, "a quote superiori ai mille piedi (300 metri), rispetto al più basso ostacolo della zona", mentre nelle missioni addestrative a bassissima quota, "è previsto che l' equipaggio abbia conoscenza diretta della zona in cui vola".
Oggi sappiamo che Ashby e C. viaggiavano con carte americane dove, a mala pena, sono segnate le creste dei monti e sappiamo anche, secondo testimonianze, che, poco prima della tragedia, un aereo militare, tozzo e pesante (sembra proprio un Prowler) era stato visto compiere evoluzioni da circo sulla verticale dell'autostrada del Brennero, basso, troppo basso. Forse a testimoniare la gioia dei quattro ufficiali dei marines che, dopo tre mesi di addestramento per voli radenti sui cieli della Bosnia, erano alla vigilia della loro partenza da Aviano per rientrare a casa. Evidentemente, però, qualcuno aveva concesso loro il permesso di volare in barba a tutte le norme e alle "giurisdizioni": sì i loro comandanti, sempre marines, che, in barba al comando militare italiano di Aviano, avevano dato il loro "Go, Charlie, go" e "God bless you". Quindi non solo - come è stato ampiamento appurato dalla Procura militare di Padova - i "nostri" non sapevano niente di quello che facevano i piloti americani, ma, qualche tempo dopo quel 3 febbraio 1998 arrivò anche, da parte del nostro governo, la
rinuncia di qualsiasi giurisdizione italica sull'accaduto. E questo qualcuno dovrebbe ancora spiegarcelo.
Nell'inchiesta portata avanti con tanta pazienza e logorio di nervi e di forze dalla Procura di Trento si legge, a un certo punto... "il Prowler, appartenente alla squadriglia VMAQ-2 della Marina militare Usa, 'rischierato' (e non di stanza) alla base di Aviano, dell'Aeronautica militare italiana, doveva attuare l'operazione 'Deliberate Guard', voluta e siglata dalla Nato per l'intervento sui cieli di Bosnia". Ora, la Procura di Trento, più informata del nostro governo, scriveva "ogni altro volo di quel reparto che non fosse finalizzato alle operazioni previste da Deliberate Guard, non rientrava in alcuna previsione 'pattizia', volta a consentire la sua permanenza sul suolo 'nazionale'". Si è perciò in presenza di un uso ripetuto, addirittura abituale, del nostro spazio aereo da parte di aerei di una potenza straniera in violazione della sovranità nazionale. Quel volo cioè "costituiva una missione nazionale statunitense non prevista da nessuno degli accordi in vigore con quel paese". Ma era poco dopo il 3 febbraio 1998, qualcuno poteva ancora ricordare.




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