il manifesto - 02 Gennaio 2003 SPORT pagina 16
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La dolce utopia dello Zokkolette Football Club
CHRISTIAN RAIMO
ROMA
 
 

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La dolce utopia dello Zokkolette Football Club

Da gruppo di obiettori di coscienza a società amatoriale che si batte per un calcio equo e solidale

CHRISTIAN RAIMO
ROMA

Lo stesso striscione da portare a Genova contro il G8 e sugli spalti dell'Olimpico per il derby, a Firenze per il Forum Sociale Europeo e sul campo di calcetto il martedì sera. Lo Zokkolette Football Club è la minima utopia realizzata da una decina di obiettori di coscienza conosciutisi nel 1997 in un centro di ascolto per immigrati a via delle Zoccolette, a Roma. Dopo un anno di servizio civile passato tra racconti di vita migranti e richieste di asilo politico, l'evoluzione naturale è stata quella di dare continuità a quella esperienza e dunque la decisione di fondare una piccola associazione «solidale»: in forma di società calcistica. Interessi disparati (un meteorologo, un professore di italiano, un giornalista, un informatico, un sociologo...), militanze opposte (romanisti, laziali, milanisti, juventini), ma l'idea condivisa e ostinata di unire la passione di calciatori dilettanti e tifosi accaniti con la fedeltà a una visione antirazzista, non violenta del vivere comune.

«Il calcio», sintetizza Filippo Thiery, uno dei componenti, gestore del sito www.obiezione.it/zokkolette, «è ovviamente un veicolo ottimo per condurre alcune battaglie di civiltà, di pace; esattamente l'opposto della tendenza attuale a militarizzare gli stadi, che altro non porta che a fomentare ancor più gli estremismi delle frange violente e della polizia».La possibilità di un calcio equo e solidale si è tradotta nei cinque anni di attività in pratiche quotidiane e iniziative speciali. Il che vuol dire usare palloni ad alta dignità, cuciti da adulti equamente retribuiti (in quello stesso Pakistan dove si calcola invece che 7000 bambini siano sfruttati dalla aziende sportive per garantire l'80% della produzione mondiale di palloni da calcio). Oppure organizzare tornei che al calendario delle partite affianchino momenti di formazione ed informazione su tematiche sociali. O anche, esempio, affittare il campo non in un circolo sportivo tenuto da miliardari amici di Previti, ma in quello gestito da una casa-famiglia per stranieri in difficoltà.

Il mister onorario del gruppo è il calciatore che più ha dato visibilità a queste prese di posizione, il romanista Damiano Tommasi (il suo sito è diventato un tale catalizzatore di iniziative da sembrare quello di una Ong). Pacifista convinto, obiettore di coscienza, insieme ad Antonioli e Guardiola da mesi scende in campo legandosi al braccio il fazzoletto bianco di Emergency, gesto che è stato rilanciato da tutti i colleghi calciatori lo scorso 10 dicembre, per la giornata dei diritti umani. Era già successo due anni fa, in occasione della guerra col Kosovo, il suo compagno Tomic aveva tutta la famiglia sotto le bombe a Belgrado, e Tommasi aveva convinto giocatori e staff tecnico a indossare sotto la maglia la maglia di gioco la t-shirt dell'Associazione Obiettori Nonviolenti con la scritta «Stop violence, stop war». Adesso con il divieto di lanciare messaggi da sotto le maglie, e considerato il nuovo corso di politica internazionale, la proposta delle Zokkolette è di attrezzarsi direttamente con un tatuaggio sul petto.