IL BILANCIO PARTECIPATO: L'ESPERIENZA DI PORTO ALEGRE

Spunti a cura di Nicola Nicolosi e Cristina Stefanini

Presentazione
All'inizio degli anni '90 il Bilancio Partecipato di Porto Alegre si è proposto come un'esperienza riuscita di partecipazione della popolazione alle decisioni riguardanti la destinazione dei fondi pubblici municipali. Dopo 12 anni consecutivi di esistenza, il modello di partecipazione di Po. A. sta servendo di ispirazione all'impianto di forme simili di gestione dei bilanci pubblici in circa 90 città brasiliane di varie ampiezze. (dati del 1999) Come frutto dimostrativo delle possibilità di funzionamento della democrazia partecipativa, il Bilancio Partecipato ha promosso un intenso scambio nazionale ed internazionale fra le municipalità di Po. A. e altri governi locali, istituzioni pubbliche e private, ONG, ricercatori ed intellettuali del Brasile e di altri Paesi dell'America Latina, Stati Uniti, Europa e Africa. A supporto di questo riconoscimento internazionale Po. A. è stata selezionata dalle Nazioni Uniti come uno dei 40 migliori interventi urbani meritevoli di essere presentati alla seconda Conferenza Mondiale sull'abitazione urbana, (Habitat II) realizzata nel 1995 a Istanbul. La ripercussione ottenuta dal Bilancio Partecipato di Po. A. non è neppure passata inosservata alle istituzioni multilaterali di finanziamento, come la Banca Mondiale e la Banca Interamericana di Sviluppo, il cui interesse verso forme di coinvolgimento delle popolazioni nel controllo dei fondi pubblici si è evidenziato durante gli incontri promossi da queste istituzioni a Porto Alegre e negli Stati Uniti nel 1997 e nel 1999.

Inquadramento generale
Fra gli anni 1950 e 1980 il Brasile ha vissuto profonde trasformazioni economiche, sociali e politiche. In questo periodo, da che il Paese ha smesso di essere agrari - esportatore per diventare soprattutto urbano e industriale, responsabile dell'ottavo PIL mondiale, la popolazione delle città si è accresciuta di più di 60 milioni di persone, 29 milioni solo negli anni '80, e le aree urbane sono passate a concentrare i 2/3 della popolazione brasiliana. Questo straordinario processo migratorio, uno dei maggiori del mondo contemporaneo, ha trovato impulso nel modello della "modernizzazione conservatrice" nato fra gli anni 30 e 50 e intensificato dal regime militare a partire dal 1964. Legata al mantenimento della secolare struttura fondiaria nelle campagne, ereditata dal periodo coloniale, la modernizzazione urbana e industriale ha promosso un concentrazione di ricchezze, di rendita, di terre urbane, di accesso selezionato alle attrezzature e servizi pubblici senza precedenti nel paese, facendo diventare poli dello sviluppo capitalista brasiliano le capitali degli stati e le loro regioni metropolitane, scenari emblematici della situazione di diseguaglianza, di segregazione urbana, degrado ambientale e aumento della violenza che caratterizza l'apartheid sociale in cui è immersa la società brasiliana in questo fine secolo, una delle nazioni più diseguali al mondo, come evidenziano le relazioni dell'ONU. Questa situazione di crisi sociale si è aggravata con l'esaurirsi del modello di "sviluppo autoritario" a partire dalla crisi economica e dalla recessione dei primi anni '80, rendendo più profondo il deterioramento delle condizioni di vita della maggioranza della popolazione brasiliana. L'impoverimento a livelli record, il fallimento delle politiche pubbliche nel campo della sanità, dell'educazione e del finanziamento all'edilizia popolare, la carenza delle infrastrutture urbane e dei servizi il degrado dell'ambiente e l'aumento della violenza si sono allargati negli anni '80. Oltre che i fattori storici e strutturali della formazione sociale brasiliana, anche i successivi fallimenti dei governi di transizione e del periodo post-transizione alla dittatura hanno contribuito alla situazione di cronicità della crisi brasiliana. Inoltre, le trasformazioni provocate dalla globalizzazione e della ristrutturazione produttiva, con la precarizzazione delle relazioni di lavoro, la terziarizzazione e la proliferazione dell'economia informale, accompagnate dallo smantellamento del settore pubblico nazionale hanno accentuato il processo di frammentazione partita negli anni '80, e indicano che una parte considerevole della popolazione starebbe passando da una situazione strutturale di sfruttamento, ad una posizione strutturale di irrilevanza sociale, ossia di esclusione sociale, configurandosi così una nuova categoria di povertà urbana le cui implicazioni sociali, politiche e culturali sono imprevedibili. Porto Alegre e la sua Regione metropolitana per quanto rappresentino indicatori sociali che la distinguono in positivo rispetto al altre regioni del paese, non sono rimaste fuori dalle conseguenze prodottesi nelle trasformazioni profonde della struttura socio economica del Paese. Il flusso migratorio dall'interno, alla ricerca di opportunità di lavoro e di reddito, ha portato la regione metropolitana ad aumentare la sua popolazione in rapporto al totale degli abitanti del Rio Grande del Sud, dal 18,9% del 1960, al 31,5 del 1985 al 41,66% del 1991. Durante gli anni '70 i tassi di incremento demografico della Regione Metropolitana e della capitale sono stati ben maggiori della media dello Stato del Rio Grande, vale a dire del 45,8% e 27,1% rispettivamente, confronto ad un tasso medio del 16,6% nello stato. Composta da 22 comuni che in gran parte compiono la funzione di riproduzione della forza lavoro a basso costo, la Regione Metropolitana ha ospitato la maggior parte della popolazione arrivata dall'interno.

Origine e affermazione del Bilancio Partecipato
La genesi storica del Bilancio Partecipato rimanda agli anni '70, quando sorsero nella sfera pubblica locale nuovi attori popolari organizzati principalmente intorno alle lotte per il riconoscimento del diritto a possedere la casa e le infrastrutture e i servizi di base nelle aree periferiche della città. Le classi popolari, escluse storicamente dal processo di modernizzazione conservatrice soprattutto durante il regime militare, avevano messo a punto nuove forme di azione collettiva e di organizzazione comunitaria. A capo delle azioni di lotta stavano soprattutto gli abitanti delle aree di sottoabitazione, quelle cioè prive di ogni infrastruttura di base, i quali lottavano allo stesso tempo contro il marchio della marginalizzazione e per ottenere dalle autorità pubbliche e dalla società in generale di essere considerati portatori di diritti universali nei confronti della città e della cittadinanza. Benché settori del movimento comunitario continuassero a relazionarsi con i governanti attraverso pratiche divenute tradizionali, come scambio di favori, influenza personale, interazioni clandestine con i poteri Esecutivo e Legislativo, emersero sulla scena pubblica locale attori popolari che grazie alle loro associazioni libere e volontarie, cominciarono ad adottare pratiche di denuncia e di scontro con lo Stato, nella sua veste comunale e regionale, facendo guadagnare alle loro richieste risonanza negli organi di stampa. Queste azioni erano state sviluppate principalmente per resistere ai processi di sgombero ed espulsione da aree centrali o ad interesse speculativo, ma anche per conquistare accesso a beni e servizi di base. Le innumerevoli mobilitazioni fatte nel periodo dal 1979 al 1984 portarono a pratiche di integrazione tra le diverse aree della città e permisero alle Associazioni di Residenti e altre Associazioni volontarie di coordinarsi all'interno degli stessi spazi o sui comuni problemi da affrontare. Sorsero in quel periodo le Articolazioni regionali, le Unioni di quartieri e i Consigli Popolari in aree della città ad alta concentrazione di sottoabitazioni e con maggiore capacità di mobilitazione. La vittoria del Partito Democratico del Lavoro (PDT) nelle elezioni del 1985, primo governo eletto dopo un ventennio di dittatura, creò una grande aspettativa di cambiamento nelle relazioni fra l'amministrazione municipale ed i movimenti comunitari della città. Come aveva promesso durante la campagna elettorale, dopo il suo insediamento, il Governo di Alceu Collares cominciò a promuovere riunioni con gli enti del movimento popolare, con il fine di discutere una proposta di partecipazione comunitaria al governo che si sarebbe dovuta attuare attraverso dei Consigli Popolari. Sulla natura e sul ruolo di tali Consigli si aprirono presto polemiche e divergenze, tanto fra le entità comunitarie (104 presenti alle prime riunione fra cui 84 in rappresentanza delle associazioni di residenti) quanto fra le entità e l'Amministrazione. Le associazioni del movimento comunitario non mostravano ancora una percezione chiara dell'importanza centrale del tema del Bilancio per trasformarlo, nella pratica, nell'obiettivo principale della lotta per la democratizzazione del potere locale. La gestione del Partito del Lavoro, dal canto suo, rilevava i limiti del suo populismo ispiratore, che pretendeva di costruire dall'alto, mediante le Leggi, i termini di partecipazione, risolvendo autoritariamente conflitti e divergenze. Durante la campagna elettorale per il governo della città nel 1988, nacque con maggiore centralità l'idea del Bilancio Partecipato fra i partiti che componevano il Fronte Popolare in rappresentanza della sinistra politica. Il programma di governo del Partito dei Lavoratori (PT), proponeva di democratizzare le decisioni di una nuova gestione, partendo ancora una volta dai Consigli Popolari. L'obiettivo era di permettere che ogni cittadino potesse interferire nella creazione delle politiche pubbliche e nella decisioni del Governo che avessero importanza per il futuro delle città. Tuttavia, la proposta era incentrata molto più su principi generali, nati dalla Comune di Parigi e dai Soviet, piuttosto che da esperienze colte nella realtà locale. La visione dominante nel Partito dei Lavoratori e negli altri partiti che sostennero la candidatura della sinistra, in quel frangente, era di realizzare una specie di trasferimento di potere verso la classe lavoratrice organizzata. In questo modo sarebbe gradualmente stata sostituita la rappresentazione politica tradizionale, che era venuta dalle urne, con la democrazia diretta. Era senza dubbio una visione progressista e positiva, benché estremamente semplicista. Il programma di governo non diceva come questo trasferimento di potere si sarebbe attuato, come sarebbero sorte le nuove istituzioni di potere popolare e come si sarebbe risolta la stessa relazione con il Consiglio Municipale, a cui è istituzionalmente attribuita una enorme somma di competenze, oltre al fatto che si tratta di un organismo con evidente legittimità politica. Nel 1988, dopo 220 anni di storia cittadina, il Fronte Popolare vinse le elezioni con il 34% dei voti, e Olivio Dutra del PT divenne il primo sindaco della nuova Amministrazione Popolare. Il primo anno del nuovo governo di sinistra registrò una grande affluenza della popolazione a tutte le riunioni assembleari indette dall'amministrazione perché venissero decisi gli investimenti attesi da decenni. Subito si prospettò un problema: tutti volevano tutto allo stesso tempo. Esigevano che il Governo rispettasse le promesse elettorali e iniziasse immediatamente le opere destinate a migliorare la qualità della vita in quelle aree della città storicamente abbandonate dal potere pubblico municipale. Il governo, però, non aveva fondi né un adeguato piano progettuale di investimenti. Era necessario prima fare una profonda riforma tributaria, generare un risparmio locale per poter rispondere alle richieste e creare un livello minimo di credibilità. Era altresì necessario dialogare con la città, creare condizioni politiche perchè i cittadini credessero nei nuovi metodi di governo che, per la prima volta nella storia della città, includevano i cittadini comuni. Per mezzo di una difficile negoziazione con il Consiglio Comunale, con grande partecipazione dei delegati e rappresentanti del Bilancio Partecipato, si realizzò la prima Riforma Tributaria. Altre modifiche tributarie furono fatte durante i due successivi governi del PT e del Fronte Popolare; l'aumento di capacità di riscossione del municipio salì gradatamente dal 25% dell'entrata totale (riscosso nel primo anno, 1989) fino al 51% dell'entrata totale, nel '96. Neppure il denaro in cassa, tuttavia, era in grado di far fare immediatamente i lavori, perchè prima era necessario pagare i conti pendenti del governo anteriore. L'intensa partecipazione delle comunità, avvenuta nel 1989, cadde considerevolmente l'anno seguente; la delusione era grande e questo calo di consenso rappresentò il primo serio segnale di difficoltà per l'Amministrazione Popolare. La riforma tributaria, proseguita dopo il primo anno di governo, fece sortire i primi effetti sensibili, per la popolazione a partire dal 1992. In quell'anno ebbe inizio la maggior parte dei lavori decisi durante i primi 2 anni del Bilancio Partecipato che, seppure contraddistinti dalla scarsa partecipazione dei cittadini, il comune aveva deciso di rispettare. Quando nonostante il ritardo, gli investimenti ebbero corso, cominciò a circolare nei quartieri popolari dove abitavano e abitano i cittadini a più basso reddito, il dato di fatto che " quei lavori erano stati decisi con la partecipazione degli Enti comunitari". Di fatto la natura ed il tipo di lavori già esprimevano il grado di coscienza delle regioni della città ed il livello di organizzazione raggiunto dalle comunità in quel momento. La risposta concreta alle richieste fatte dalla popolazione medesima ebbe un effetto straordinario, e con le informazioni che circolavano di bocca in bocca e con quelle veicolate dal Programma televisivo orientato dal Coordinamento Sociale del Municipio, le comunità cominciarono ad essere coscienti che "valeva la pena partecipare al Bilancio". La città cominciò ad essere cosciente che il governo realmente riconosceva nei suoi cittadini la fonte delle sue decisioni più importanti e che qualcosa di nuovo nel modo di amministrare stava effettivamente succedendo. Questo "qualcosa di nuovo" cioè la realizzazione delle decisioni prese da una base sociale povera e mobilitata unita alla trasparenza nelle informazioni, cominciò a formare "un nuovo immaginario popolare". Nella periferia della città le figure di spicco più identificate con il clientelismo e con l'esercizio di influenze personali cominciarono a restare senza udienza o a modificare il loro comportamento. Lungo tutta l'esperienza di formazione del Bilancio Partecipato il governo fece uno sforzo permanente per chiarire che non faceva discriminazioni sulla presenza di alcun cittadino, né per convinzioni ideologiche, né per interessi di natura partitica. Sempre è stato reiterato il principio che si tratta di un processo aperto , che tutti erano uguali e potevano esercitare liberamente la loro influenza e lottare perché venissero fatti gli investimenti ritenuti necessari. Per questo bastava che mostrassero capacità di mobilitazione e proporzionassero la partecipazione attiva degli interessati ai nuovi procedimenti decisionali. La partecipazione dell'individuo nella condizione di cittadino come soggetto per eccellenza del processo del Bilancio Partecipato, non ha significato come alcuni temevano nel movimento e nei partiti del Fronte Popolare, un incentivo all'individualismo esarcebato proprio dell'ideologia liberale; la legittimità delle richieste e della rappresentanza comunitarie non prescinde dai vincoli sociali degli individui con i diversi gruppi che includono le istanze collettive di base come le Associazioni dei Residenti e altre, o quelle intermedie come le Articolazioni Regionali, le Unioni di Zona e i Consigli Popolari. La presenza di gruppi plurali della società, maggiormente rappresentativi delle classi lavoratrici ma anche del ceto medio, ha rappresentato un salto di qualità nel processo di democratizzazione dell'amministrazione, senza che questo abbia indebolito le organizzazioni storiche dei residenti. Al contrario, non solo il numero delle entità è andato aumentando, ma si è ancor più stretto il vincolo associativo di quanti operano dentro il processo del Bilancio Partecipato.

Modalità di funzionamento del processo del Bilancio Partecipato
Le assemblee plenarie del Bilancio Partecipato sono precedute da un insieme di informazioni trasmesse dalle associazioni comunitarie, per mezzo dei giornali di quartiere, dei bollettini degli enti e anche da materiale a stampa redatto per l'occasione dal governo municipale che convoca l'assemblea. La prima tappa della plenaria è l'accreditamento dei singoli partecipanti ognuno dei quali dà nome ed indirizzo perché venga registrato il quorum, composto esclusivamente da persone che risiedono nella area dove si realizza l'assemblea. Perché la comunità non si stanchi nell'attesa, come è facile che succeda in riunioni di questo tipo, la Segreteria Municipale della Cultura mette a punto un programma fatto normalmente di rappresentazioni che informano la comunità su questioni sociali del paese e della città: si fa' per mezzo di spettacoli di burattini, musica e piccole sceneggiate aventi a che fare con argomenti di interesse cittadino. È anche normale che vengano mostrati dei video che forniscono informazioni sull'andamento del piano di investimento dove, oltre che rappresentanti del governo, parlano anche dirigenti dell'area urbana. Una plenaria è sempre preceduta da una certa tensione politica, non solo perché la presenza del sindaco e dei segretari municipali eccita e stimola critiche e richieste, ma anche perché esistono contraddizioni fra i diversi dirigenti di ogni area che disputano tra loro per un ruolo più forte nel processo. Lo sforzo fatto dai Coordinatori Regionali del Bilancio Partecipato è finalizzato a che la lista degli oratori sia scelta precisamente in modo che in ogni regione o area sia rappresentata la pluralità delle posizioni politiche e ogni microregione esistente: chi decide chi saranno gli oratori, tuttavia, non sono i Coordinatori Regionali ma le stesse entità comunitarie, rappresentate dai dirigenti più espressivi. A proposito dei Coordinatori Regionali del Bilancio Partecipato: sono quadri politici del governo vincolati ad un organismo denominato Coordinamento delle Relazioni con le Comunità. Operano dal 1991 e hanno tre compiti principali:
1. Monitorare in ogni regione del bilancio il processo di discussione del bilancio senza intermediazioni nelle decisioni, ma garantendo il dibattito democratico e dando chiarimenti sui criteri che hanno orientato la definizione degli investimenti. Sono anche una delle fonti di informazione riguardo all'esecuzione del Piano di Investimenti e stimolano la creazione di commissioni che seguono l'andamento dei lavori.
2. Globalizzare le azioni di governo in ogni Regione, incidendo così contro la frammentazione della struttura amministrativa. Il coordinatore aiuta a programmare il contatto della popolazione con il governo, per mezzo di riunioni come quelle chiamate sui servizi che trattano della conservazione e della manutenzione.
3. Altro compito è quello di preservare e diffondere determinati valori. Il Bilancio Partecipato esige che si abbia l'intenzione di costruire processi cooperativi e solidaristici per contrastare la logica della competizione e del ricavare vantaggi a qualunque costo, che generano processi di esclusione. Pertanto, negoziazioni ispirate ad una pratica solidale devono essere una costante nell'azione pedagogica che il singolo coordinatore esercita insieme alla cittadinanza. Quanto ai dirigenti comunitari delle regioni del Bilancio, si sono verificati nell'esperienza pluriennale alcuni fenomeni: 1. Un primo gruppo di dirigenti esaurisce nella partecipazione il suo ruolo, trovandolo svuotato: abituato a lavorare in modo clientelare non riesce a superare questo limite e viene poco a poco rigettato dalla comunità. 2. Un secondo gruppo di dirigenti si trasforma effettivamente durante il processo. Acquisisce un nuovo linguaggio, si ricicla e passa a fare una vera intermediazione fra i desideri della sua base e lo stato, modulando la tensione politica in accordo con l'obiettivo che vuole raggiungere: ossia, realmente si disputano le opere di cui la comunità ha bisogno contrastando le richieste che vengono dalle altre microregioni. 3. Un terzo gruppo di dirigenti potrebbe essere qualificato come di "dirigenti emergenti" ossia quelli che sono nati con il Bilancio Partecipato stesso, e si sono formati per mezzo dei metodi di lavoro da questo inaugurati. Sono i dirigenti che acquisiscono maggior prestigio.
È importante notare che così come la comunità forgia il processo del Bilancio, il fatto che le richieste fra le aree siano concorrenti e in alternativa sulla scena pubblica, vale a trasformare anche i dirigenti. Essi arrivano a comprendere non solo i limiti del potere pubblico, ma anche la "relatività" delle proprie necessità confrontandole con altre più urgenti ed importanti. Il processo del Bilancio partecipato non si scontra solamente con la strettezza e le limitazioni della democrazia rappresentativa. Si differenzia sia dal "consiglismo puro", cioè quel processo non regolato in cui i più abili e attivi ricavano vantaggio, come anche dal "populismo tradizionale" meramente consultivo, nel quale la partecipazione popolare è un semplice elemento di conoscenza perché l'Esecutivo prenda le decisioni che gli paiono opportune. Il fatto che il Bilancio Partecipato sia regolato con prevedibilità e allo stesso tempo aperto (ossia qualunque cittadino può parteciparvi), crea effettivamente una cultura e una psicologia nelle quali i dirigenti devono avere conoscenza delle regole del processo stesso. Devono rispettarle e anche attivare la partecipazione del maggior numero di persone possibili, cercando di aumentare la loro influenza grazie ai risultati. Le regole che informano, dirigendolo e pianificandolo, il processo del Bilancio Partecipato, sono controllate da una Commissione Paritaria istituita nel 1994 che ha approfondito il processo di cogestione fra il governo e la società. La commissione è formata da 4 rappresentanti del governo che sono 2 Coordinatori Regionali e 2 membri del Gabinetto per la Pianificazione, e 4 consiglieri del bilancio eletti dal Consiglio, che rappresenta le regioni in cui la città è divisa, di nomina dei cittadini. La base geografica della città è costituita dalla divisione in 16 regioni o aree, divisione risalente ad un accordo fatto nel 1989 fra il governo municipale e i rappresentanti del movimento comunitario. A partire dalle assemblee condotte in ognuna delle 16 regioni la popolazione sceglie 4 priorità su 8:
· infrastrutture di base (fogna - rete idrica - gas - luce)
· asfaltatura
· educazione
· assistenza sociale
· salute
· trasporto e circolazione
· organizzazione delle città;
ed elenca in ordine di importanza i lavori e i servizi su ogni tema. Altre assemblee plenarie avvengono su base non più territoriale ma tematica. Alla loro origine sta l'obiettivo di ampliare la partecipazione ad altri settori sociali come sindacalisti, imprenditori, commercianti, agricoltori e altri che ancora non erano stati incorporati nel processo di discussione, ed anche di dare la possibilità di approfondire la discussione sulla pianificazione globale della città e delle politiche settoriali per aree. Lo stesso pubblico che partecipa nelle regioni, può frequentare le riunioni tematiche allargate, per cercare soluzioni ai più strutturali problemi della città nel suo complesso. Anche durante le plenarie tematiche i raggruppamenti tematici sono stati suddivisi in 5 voci:
· trasporti e circolazione
· salute e assistenza sociale
· educazione, cultura e tempo libero
· sviluppo economico e tassazione
· organizzazione e sviluppo urbano.
Il primo giro del Bilancio Partecipato si realizza nel periodo fra la fine della prima quindicina di marzo e la seconda metà di aprile per mezzo di assemblee plenarie in ognuna delle 16 regioni e le 5 plenarie tematiche. Oltre al sindaco, sono presenti a guidare i lavori il Coordinatore Regionale, il Gabinetto di Pianificazione, la Coordinazione delle Relazioni con la Comunità, e i consiglieri della Regione o della plenaria tematica. Il governo da conto per iscritto del Piano di investimenti per l'anno trascorso e presenta il piano di investimenti per l'anno in corso. Presenta anche il Regolamento del Bilancio con il regolamento interno, i criteri generali della distribuzione delle entrate fra le regioni, i criteri tecnici, legali e regionali. Sia nelle regioni che nelle plenarie tematiche la popolazione giudica i conti ed elegge i suoi delegati. I criteri numerici seguono la seguente proporzionalità:

N. DI PARTECIPANTI

POPOLAZIONE DI DELEGATI

N. ELETTI

fino a 100

01 per 10

10

101-250

01 per 20

8

251-400

01 per 30

5

401-550

01 per 40

4

551-700

01 per 50

3

701-850

01 per 60

3

851-1000

01 per 70

2

oltre 1000

01 per 80

proporzionale


Ad esempio una plenaria di 850 persone secondo questo calcolo avrà diritto a 33 delegati che saranno i rappresentanti della Regione o plenaria tematica nel Forum dei Delegati. I giri intermedi di ogni regione o plenaria tematica occupano un periodo fra la prima metà di marzo e l'inizio di giugno. In questo periodo la popolazione realizza riunioni ed incontri per arrivare alla scelta delle opere e servizi da privilegiare. Parallelamente il Consiglio del Bilancio discute e delibera il progetto di legge delle Direttrici di Bilancio che deve essere proposto al Consiglio Comunale entro il 1° giugno. Il secondo giro occupa il periodo tra la prima metà di giugno e la prima metà di luglio. Il governo presente i grandi aggregati di spesa e la stima delle entrate per l'anno successivo. In queste riunioni la popolazione elegge in ogni regione e plenaria tematica due consiglieri titolari e due supplenti a rappresentarla nel Consiglio del Bilancio che, per regolamento stanno in carica un anno ed hanno diritto ad una sola conferma consecutiva. I 32 consiglieri titolari delle Regioni e i 10 delle plenarie tematiche con i rispettivi supplenti ricevono il mandato a rappresentare le comunità e a cogestire con il governo il piano dei lavori e la spesa pubblica per l'anno a seguire.




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