DISERZIONE GLOBALE ALLA GUERRA

TUTTI INSIEME E' POSSIBILE!!!

La fine della guerra fredda, quattordici anni fa, sembrava (o almeno così ci raccontavano) dovesse finalmente aprire un futuro segnato dal disarmo, dal progressivo fossilizzarsi degli eserciti e dalla sempre più pacifica convivenza tra i popoli. Mai più minacce di guerre, mai più l'incubo delle armi nucleari, ma più l'idea di un paese che potesse sganciare bombe su un altro paese.
E' successo l'esatto contrario.
Il passaggio da un mondo bipolare ad uno scenario dominato da un'unica superpotenza ha infatti visto quest'ultima scatenarsi nel lanciare la guerra come strumento sempre più ordinario di politica estera ed economica.
Il resto del mondo si è adeguato, trasformando i vecchi eserciti di leva in corpi scelti composti da volontari professionisti.
Infatti, dall'idea di esercito come statico contingente di uomini ed armamenti, schierato a difesa dei propri confini contro eventuali aggressori ed alimentato per scoraggiare la minaccia di una ipotetica invasione del proprio territorio, si è passati a forze armate dinamiche ed agguerrite, spedite fuori dai propri confini, a combattere in giro per il globo per interessi di petrolio e di potere, lì dove questi sono da conquistare o da preservare.
E da una logica di difesa, in cui gli armamenti erano staticamente puntati in un equilibrio di guerra fredda, si è passati ad una logica di aggressione, e adesso addirittura di "guerra preventiva", somma aberazione della follia umana: se prima l'idea era fare in modo che che nessuno sparasse per primo, ora il gioco dichiarato è essere i primi a sparare.
Obiettivo - spesso e volentieri - quegli stessi dittatori che nei decenni precedenti erano stati appoggiati e riforniti di armi finché facevano comodo, ignorandone o addirittura sostenendone i crimini contro popoli interi. Salvo poi - negli anni novanta - scoprirli come minaccia per l'occidente e quindi resi oggetto di guerre a tappeto mascherate da operazioni di polizia internazionale. Così fu per la guerra in Iraq nel 1991, a cui l'Italia con il governo Andreotti diede pieno appoggio e sostegno, conflitto che rase al suolo il paese e venne seguito da un ultradecennale embargo assassino, provocando la morte di un milione e mezzo di civili e riducendo allo stremo la popolazione, privata anche dei più elementari generi alimentari e medicinali.
Parallelamente, situazioni di autentiche polveriere interne in alcuni stati - che potevano essere affrontate e fermate per tempo con gli strumenti della diplomazia internazionale e con l'intervento di forze di pace - sono state invece deliberatamente ignorate ed alimentate fino al punto di non ritorno, ignorando gli appelli delle organizzazioni non governative che chiedevano l'intervento politico delle Nazioni Unite, imploravano di fermare le forniture di armi a personaggi responsabili di pulizie etniche, e suggerivano di tagliare partnership economiche a governi che si macchiavano di gravi violazioni dei diritti umani. Tutte voci deliberatamente inascoltate, finché la situazione non precipitava, e allora la "comunità internazionale" scopriva la necessità di intervenire "a difesa della libertà e della democrazia", nuovamente - manco a dirlo - con lo strumento dei bombardamenti a tappeto. Così fu per a guerra del Kosovo del 1999, in cui il nostro paese, con il governo D'Alema, svolse un ruolo di protagonismo assoluto. Fu dalle nostre basi, da Aviano, da Foggia Amendola, che partirono le centinaia di aerei che attraversavano l'Adriatico per andare a sganciare le celeberrime cluster bombs all'uranio impoverito.
Il resto, con la "guerra infinita" di Bush spacciata per lotta internazionale al terrorismo, è storia di questi giorni.
Il conflitto in Afghanistan ha visto - nell'autunno del 2001 - il vergognoso appoggio del 92 per cento del Parlamento italiano. E' stata una scelta di non ritorno, una scelta che non ha scusanti.
Era infatti già all'epoca dichiarato l'intento degli Stati Uniti di non fermarsi all'Afghanistan. L'estensione del conflitto all'Iraq era una puntata annunciata di questa terrificante telenovela.
Nel frattempo però è cresciuta nel pianeta un'altra superpotenza, che risponde al nome di opinione pubblica mondiale.
Il movimento dei forum sociali, colpito da una brutale repressione nelle drammatiche giornate di Genova, ha saputo reggere al'urto di quella aggressione assassina e trarne forza per crescere ancora. La guerra planetaria scatenata da Bush è uno degli strumenti, e insieme dei fini, della globalizzazione neoliberista a cui il movimento oppone l'idea di una globalizzazione dei diritti.
Già durante il conflitto in Afghanistan nell'autunno 2001, la mobilitazione contro la guerra di Bush ha portato in piazza centinaia di migliaia di persone e attivato una miriade di gruppi di lavoro e di iniziativa politica sul territorio. E' in questo percorso che, nel novembre 2002, il forum sociale europeo di Firenze ha proposto una giornata continentale contro la guerra per il 15 febbraio 2003, appuntamento rilanciato a livello planetario dal forum sociale mondiale di Porto Alegre.
In quel sabato di febbraio, centoventi milioni di persone in 600 città di 72 paesi, sparsi per tutti i cinque continenti, hanno manifestato contro la guerra senza se e senza ma, con la convinzione che esistano strumenti per assicurare la Pace e la Giustizia che non passano MAI attraverso l'uso delle armi, e che queste ultime non facciano che colpire SEMPRE le popolazioni civili ed alimentare una escalation di odio e violenza in cui il terrorismo non può che crescere.
Dopo questa giornata senza precedenti, ogni singolo parlamentare che sceglierà di non appoggiare la guerra, ogni singolo governante che dirà no alle bombe, ogni singolo macchinista che rifiuterà di guidare i treni carichi di armi, ogni singolo soldato che vorrà disertare, non sarà solo. Queste persone avranno dalla loro più di cento milioni di cittadini del mondo.
Tutti insieme, obiettare alla guerra è possibile.


Filippo Thiery
www.obiezione.it